Tunisia: le sfide che attendono il governo

La turbolenta transizione democratica iniziata in Tunisia nel 2011, dopo la fine del regime di Zine El Abidine Ben Ali, sta affrontando in questi giorni una nuova fase. Il destino del paese appare oggi fortemente condizionato dalla pandemia di Covid-19 e dalle sue ripercussioni socioeconomiche. La Tunisia – come il resto del Nord Africa – si trova infatti a dover fare i conti con il propagarsi dell’emergenza sanitaria nel bacino mediterraneo.

I primi casi registrati in Tunisia sono stati rilevati fra individui di ritorno dall’Italia agli inizi di marzo e questo ha preoccupato da subito le autorità di Tunisi. Il 22 dello stesso mese, attraverso un decreto presidenziale, sono state adottate misure di emergenza sanitaria conformemente all’articolo 80 della Costituzione approvata nel 2014. Tali misure prevedono il coprifuoco nella ore serali e la chiusura di scuole, università e uffici pubblici. La libertà di circolazione è stata limitata solo ai casi urgenti o di necessità. Tutte queste misure, adottate con un certo anticipo per scongiurare quello che era successo sulle sponde europee del Mediterraneo, sembra aver permesso di limitare il numero dei contagiati e quello dei decessi.

Curva dei contagi da Covid-19 in Tunisia – ultima rilevazione 30-05-2020
Fonte: http://covid-19-africa.sen.ovh

In aggiunta a questi sforzi il governo ha cercato finanziamenti sui mercati internazionali, ricevendo aiuti per 600 milioni di euro anche dall’Unione europea. Molte delle misure economiche adottate sono state indirizzate verso le fasce più deboli – come i disoccupati e i pensionati – per un ammontare di 160 milioni di euro circa. Malgrado queste misure di stimolo, la situazione socio-economica tunisina risulta molto precaria. Il paese viene da anni di crescita molto bassa e il ministro delle Finanze, Nizar Yaïche, ha dichiarato che questa è “una situazione complicata”. Basti pensare che già prima della pandemia il governo stava lavorando a una serie di modifiche di bilancio per finanziare un piano di aiuti pari a 800 milioni di euro con il sostegno del Fondo monetario internazionale. Le previsioni del Pil fotografano una situazione economica molto difficile. Il Fmi prevede un crollo del Pil per quest’anno pari al 4.3%. La crisi innescata dalla pandemia sta inoltre colpendo settori chiave dell’economia tunisina, come il turismo.

Per cogliere con maggiore precisione la drammaticità del contesto economico è utile fare riferimento alle stime elaborate dall’Iace (l’Istituto arabo dei dirigenti d’impresa), secondo il quale diversi settori dell’economia tunisina subiranno delle drastiche contrazioni del fatturato: -52,6% per il settore industriale, -46,7% nel settore edilizio, -61,8% per il commercio e -70% nel settore dei servizi alle imprese, per un totale aggregato che stima che circa l’81% delle imprese saranno colpite dalla crisi economica derivante dalla pandemia.

Stime sull’impatto del Covid-19 sulla produzione nazionale tunisina.
Fonte: Iace

Il nuovo governo guidato da Elyes Fakhfakh – che si è insediato il 27 febbraio scorso – ha dovuto da subito concentrarsi sulla crisi sanitaria e le sue ripercussioni sul tessuto sociale ed economico. Il nuovo esecutivo nasce sulla scia di una fase di forte instabilità politica durata più di cinque mesi, che aveva già visto naufragare un tentativo di formare un governo stabile sotto la guida di Habib Jemli nel mese di gennaio. Anche il governo Fakhfakh sembra tuttavia poggiare su fondamenta instabili. Sia durante il primo turno delle elezioni presidenziali che durante il ballottaggio, Fakhfakh aveva annunciato che non avrebbe mai cercato il sostegno di partiti che potevano essere legati in un modo o nell’altro al vecchio sistema di potere. Coerentemente con quanto dichiarato durante la campagna elettorale, il nuovo Primo ministro tunisino ha escluso dalle trattative il partito Qalb Tounes (“Cuore della Tunisia”) e il Pdl (Partito desturiano libero), nonostante entrambi avessero raccolto ampi consensi durante l’ultima tornata elettorale. Questa ferrea convinzione ha quindi prodotto un governo che poggia da una parte su forze di sinistra come Attayar e Harak Echaab e dall’altra su un pilastro democratico, ma a vocazione tradizionalista islamista quale è Ennahda. L’eterogeneità di questa maggioranza potrebbe rivelarsi fatale di fronte a questioni decisive come le importanti riforme economiche e sociali che attendono la Tunisia. La diversa storia politica e la distanza ideologica non renderà sicuramente semplice la mediazione tra le due forze politiche da parte del Primo ministro.

Di sicuro l’eterogeneità che caratterizza la compagine di governo non contribuisce a dare un’iniezione di fiducia a un paese che sta affrontando una crisi economica drammatica. Tra i problemi strutturali della Tunisia ci sono la disoccupazione e la corruzione – piaghe sociali che sono state alla base delle “Primavere arabe” del 2011 e che purtroppo continuano ad essere molto radicate. In particolare la disoccupazione giovanile sfiora il 35%. Se da una parte le province costiere negli ultimi anni hanno registrato una timida ripresa economica, anche grazie al turismo, i territori più all’interno continuano a soffrire un malessere sociale ed economico notevole. Proprio nelle province dell’entroterra e del sud, confinanti con la Libia, sono scoppiati in questi anni proteste di piazza e disordini anti-governativi. Città come Qairouan, Kasserine e Sidi Bouzid registrano tassi di povertà estrema superiori al 30% della popolazione. Le stesse zone, nell’ultimo decennio, hanno anche costituito un serbatoio in termini di uomini e combattenti per la causa jihadista prima in Siria e poi in Libia. Le politiche governative tentate a partire dal 2011 non sono state in grado di dare una risposta efficace alle aspettative popolari di rinnovamento politico e rigenerazione sociale. A conferma di questa preoccupante tendenza si può citare la percezione fotografata dal sondaggio condotto dalla Gallup nel 2019, secondo cui solo il 29% dei tunisini riponeva fiducia nell’operato del governo, un calo del 35% rispetto all’anno precedente.

La pandemia mondiale da Covid-19 è dunque arrivata anche in Tunisia e costituisce uno shock destinato a rendere ancora più delicata una situazione già da anni molto difficile. Le sfide che dovrà affrontare il nuovo governo Fakhfakh saranno un duro test per un esecutivo nato più per necessità che per volontà. Le misure economiche finora varate non sembrano sufficienti, sia per volume complessivo che in termini di capacità di arrivare a tutti i cittadini bisognosi. Secondo un rapporto dell’Ilo del 2018, il 53% della forza lavoro in Tunisia era senza un regolare contratto, il che ci restituisce con chiarezza il senso delle drammatiche difficoltà che molti tunisini si trovano oggi ad affrontare in termini di sicurezza economica e tutela dei diritti sociali e sanitari.

La giovane e non del tutto consolidata democrazia tunisina dovrà pertanto affrontare un ciclo economico decisamente negativo in una cornice di tensione sociale che sembra destinata ad aggravarsi nei prossimi mesi. Il nuovo governo è dunque chiamato a guidare la Tunisia in una delle fasi più delicate della propria storia recente.

Mohamed el Khaddar